
L’uomo e Dio
Il 6 marzo 1475 nasceva a Caprese, il divino Michelangelo Buonarroti.
Non si sentiva un pittore: uno scultore, diceva di essere.
Ed in effetti la sua pittura è “scolpita”: caratterizzata da arditi scorci dimensionali ricamati sulle irregolarità di un soffitto infrattato di curvature e popolato di nascondigli.
Proprio lì sopra, su quella volta spigolosa d’infinite asperità, in una sorta d’improvviso e rivelante Natale eretico, Dio diventa uomo: anche lui, come Adamo, ha muscoli e tendini, ruvidezze ossute e nervi contorti.
Anche nel momento in cui Egli consegna all’uomo l’afflato vitale mediante quel celebre tocco, Dio ci appare naturalmente ed evidentemente uomo.
Ed ecco la rivelazione: il creatore è creato!
Il Buonarroti, “dipingendolo”, gli dà vita e lo plasma a sua immagine e somiglianza: lo caratterizza persino con la sua stessa barba!
Blasfemia? No: miracolo.
Nella Pasqua del Rinascimento, Dio è diventato uomo e l’uomo-artista, attraverso un’arte superna, compendio e conclusione di tutto il ciclo del Rinascimento, si è trasformato in Dio.
Il mondo è redento dall’arte.
Il Rinascimento ha compiuto la sua missione, la sua rivoluzione finale: esso ha definitivamente vinto grazie al suo figlio prediletto, Michelangelo Buonarroti che, divenuto “divino” ora può cominciare a morire
“La mia pittura morta difendi orma’ Giovanni, ed ‘l mio onore: non sendo in loco bon, né io pittore.